Coro – Animazione musicale

La musica tra tutte le arti esalta l’armonia universale
e suscita la fraternità dei sentimenti al di là di tutte le frontiere:
essa per la sua natura può far risuonare interiori armonie,
solleva intense e profonde emozioni,
esercita un potente influsso con il nuovo incanto.

(Papa Giovanni Paolo II)

La Corale Parrocchiale, nella sua attuale composizione, nasce nell’ottobre del 2017, quando il parroco don Valerio decide di affidarne la direzione al M° Alessandra Urso.

Essa è composta da una trentina di coristi, che vanno dai 6 agli 80 anni ed oltre, ed è l’unione di tutti i cori preesistenti della parrocchia. Il suo scopo principale è quello di animare le celebrazioni liturgiche.

La Corale ha cominciato eseguendo i canti cosiddetti “popolari”, da cui sta ripartendo vista la sua “giovane” età. L’obiettivo è quello di arricchire il repertorio “popolare” studiando nuovi arrangiamenti a 4 voci, proposti dal direttore, e ampliarlo con brani nuovi e sempre più complessi, accompagnando tutto questo con lo studio della vocalità.

Le prove si svolgono il venerdì dalle 18.00 alle 19.00 in oratorio per i più piccoli; per i più grandi (dai 14 in su), invece, l’appuntamento è dalle 21.00 alle 22.30 in chiesa sempre di venerdì.

Per entrare a far parte di questa realtà corale, non sono necessarie competenze musicali specifiche: è sufficiente presentarsi alle prove con tanta voglia di imparare e di impegnarsi per cantare insieme.

Testo di Papa Francesco

Nei giorni scorsi, come sapete, si è svolto il Sinodo dei Vescovi, dedicato ai giovani, e un tema che è stato trattato con interesse è stato proprio quello della musica: «Del tutto peculiare è l’importanza della musica, che rappresenta un vero e proprio ambiente in cui i giovani sono costantemente immersi, come pure una cultura e un linguaggio capaci di suscitare emozioni e di plasmare l’identità. Il linguaggio musicale rappresenta anche una risorsa pastorale, che interpella in particolare la liturgia e il suo rinnovamento» (Documento finale, 47).

La vostra musica e il vostro canto sono un vero strumento di evangelizzazione nella misura in cui voi vi rendete testimoni della profondità della Parola di Dio che tocca il cuore delle persone, e permettete una celebrazione dei sacramenti, in particolare della santa Eucaristia, che fa percepire la bellezza del Paradiso. Non fermatevi mai in questo impegno così importante per la vita delle nostre comunità; in questo modo, con il canto date voce alle emozioni che sono nel profondo del cuore di ognuno.

Il Concilio Vaticano II, realizzando il rinnovamento della liturgia, ha ribadito che la «tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio di inestimabile valore» (Cost. Sacrosanctum Concilium, 112). È proprio così. Penso, in particolare, alle tante tradizioni delle nostre comunità sparse per il mondo intero, che fanno emergere le forme più radicate nella cultura popolare, e che diventano anche una vera preghiera. Quella pietà popolare che sa pregare creativamente, che sa cantare creativamente; quella pietà popolare che, come ha detto un Vescovo italiano, è il “sistema immunitario” della Chiesa. E il canto porta avanti questa pietà. Attraverso queste musiche e canti si dà voce anche alla preghiera e in questo modo si forma una vera corale internazionale, dove all’unisono sale al Padre di tutti la lode e la gloria del suo popolo.

La vostra presenza, mentre fa risaltare l’internazionalità dei vostri rispettivi Paesi, permette di cogliere l’universalità della Chiesa e le sue diverse tradizioni. Il vostro canto e la vostra musica, soprattutto nella celebrazione dell’Eucaristia, rendono evidente che siamo un solo Corpo e cantiamo con una sola voce la nostra unica fede…

Voi studiate e vi preparate per rendere il vostro canto una melodia che favorisce la preghiera e la celebrazione liturgica. Non cadete, tuttavia, nella tentazione di un protagonismo che offusca il vostro impegno, e umilia la partecipazione attiva del popolo alla preghiera. Per favore, non fate la “prima donna”. Siate animatori del canto di tutta l’assemblea e non sostituitevi a essa, privando il popolo di Dio di cantare con voi e di dare testimonianza di una preghiera ecclesiale e comunitaria. A volte mi rattristo quando, in alcune cerimonie, si canta tanto bene ma la gente non può cantare quelle cose… Voi che avete compreso più a fondo l’importanza del canto e della musica, non svalutate le altre espressioni della spiritualità popolare: le feste patronali, le processioni, le danze e i canti religiosi del nostro popolo sono anch’essi un vero patrimonio di religiosità che merita di essere valorizzato e sostenuto perché è pur sempre un’azione dello Spirito Santo nel cuore della Chiesa. Lo Spirito nel canto ci aiuta ad andare avanti.

La musica, dunque, sia uno strumento di unità per rendere efficace il Vangelo nel mondo di oggi…

Articolo Avvenire

Parla monsignor Frisina, fondatore del coro della diocesi di Roma: che cosa si fa quando si e’ innamorati ? Si canta una serenata. Ecco la Chiesa che ama il suo Signore canta le lodi all’Altissimo.

«Che cosa si fa quando si è innamorati? Si canta una serenata. Ecco la Chiesa che ama il suo Signore canta le lodi all’Altissimo». Monsignor Marco Frisina racconta con una similitudine il ruolo della musica liturgica. Nell’Aula Paolo VI ha diretto un concerto con oltre settemila cantori: assieme a quelli del Coro della diocesi di Roma che lui ha fondato e che guida, c’erano i “colleghi” arrivati da tutta Europa ma anche da Cina o Brasile per partecipare all’udienza di papa Francesco in occasione del terzo Incontro internazionale delle corali in Vaticano che si conclude oggi. «Le parole del Papa sono state un incoraggiamento per svolgere con rinnovato entusiasmo quello che è un vero e proprio ministero», afferma Frisina che dell’appuntamento di questi giorni è il promotore e coordinatore. Prete romano, diplomato al Conservatorio Santa Cecilia della Capitale, autore di brani sacri, colonne sonore, oratori, ripercorre la sua storia personale fra ministero sacerdotale e pentagramma nel libro “ Mio canto è il Signore”, una conversazione con Antonio Carriero (Elledici; pagine 112; euro 8,90). E traccia una sorta di decalogo del “buon canto” durante la Messa e della “buona corale”.

1. Il coro accompagna «Il coro è una realtà ben presente nelle parrocchie italiane. Ma può cadere in alcune tentazioni che ne offuscano l’efficacia », spiega Frisina. E indica come parola chiave: “accompagnare”. «Il coro è non un elemento estraneo all’assemblea. Quindi fa parte del popolo di Dio che vive la celebrazione. Il suo compito è di accompagnare la comunità nella lode di Dio attraverso il canto. Ma deve essere anche accompagnato dalla comunità stessa. Perché è a servizio di essa e non può essere autorefenziale ».

2. La Messa non è un concerto Il canto liturgico non è «un’esibizione », chiarisce il sacerdote compositore. E nel rito «va evitato l’“effetto concerto”». Perché «la liturgia non è spettacolo ma verità. E se il coro è chiamato a dare il meglio di sé, tutto deve avvenire secondo uno spirito di servizio».

3.Attenzione ai canti I canti vanno scelti tenendo conto della pertinenza liturgica dei brani. «Un canto di Quaresima – afferma Frisina – è diverso da uno pasquale. Quelli di Avvento non sono equiparabili a quelli del tempo di Natale ». Da qui il consiglio. «Il Messale e la Liturgia delle Ore indicano quali contenuti devono avere i brani o a che cosa si devono ispirare. La questione della scelta adeguata è essenziale perché il canto deve muovere alla preghiera all’interno di un rito».

4. Brani non astrusi e con riferimenti spirituali Frisina suggerisce di privilegiare «melodie non troppo astruse e complicate ma facili da apprendere da parte dell’assemblea». E precisa che «sono da preferire canti con un testo di qualità, possibilmente nutriti di Bibbia e di riferimenti agli scritti dei padri della Chiesa o alle preghiere dei santi».

5. Spazio al gregoriano Attingere al patrimonio musicale del passato è auspicabile, sottolinea il sacerdote. In particolare al gregoriano che «va indubbiamente utilizzato anche se secondo le possibilità della comunità che lo esegue, in quanto non è sempre facile». Certo, chiarisce Frisina, il gregoriano «resta il modello e ci mostra come deve essere un canto liturgico, a partire dal legame con la Parola».

6. Chitarra sì o no? Monsignor Frisina parla della chitarra come di «uno strumento leggero e delicato che difficilmente riesce a inserirsi in una celebrazione numerosa dove è presente un coro ampio. In questo caso occorre un sostegno armonico più solido, vale a dire l’organo». Comunque, «in una piccola comunità dove l’organo non è presente la chitarra, può essere un sussidio ma legato alle necessità». E serve saperla suonare. «Non va impiegata come si fa nella musica pop. Perché la chitarra è uno strumento a pizzico e non a percussione».

7. Niente canti registrati Quando non c’è il coro e quando un’assemblea fa fatica a cantare, meglio il silenzio rispetto ai canti registrati. «Il canto registrato è un falso. È di plastica, come i fiori artificiali. Il canto liturgico è espressione di un popolo vero; pertanto non può essere costruito».

8. Nei matrimoni troppe licenze Musiche da film, brani di un cantautore, colonne sonore entrano nei matrimoni. Ma non va. «Questo è frutto di ignoranza – sostiene il sacerdote – e della superficialità degli sposi che non hanno chiaro il senso liturgico del sacramento che celebrano ».

9. Prepararsi bene Secondo Frisina, ogni celebrazione «richiede sempre un’adeguata preparazione anche se i canti sono conosciuti ed eseguiti in precedenti occasioni».

10. Insegnare a cantare «La musica sacra – conclude il compositore – apre al mistero. Tocca il cuore, avvicina i lontani, non ha bisogno di traduzioni. Essa unisce ed eleva: ecco il suo potere straordinario. Allora dovremmo imparare e insegnare a cantare. Perché oggi si canta poco nelle nostre chiese e le assemblea non sono abituate a esprimersi con il canto».

da Avvenire 26 novembre 2018